I diari di Mara - Viaggio nell'Hoggar - 8

12-10-2010



 31/12/1984, Lunedì

 Ultimo sbaraccamento e più profonda nostalgia: ma al contrario del normale. Ora la nostalgia è per quello che abbiamo e stiamo per non avere più, se non nell’animo.

Paesaggio montuosetto e polveroso, saliscendi continui. Sosta per il pranzo verso le 12, in un luogo forse con gazzelle, enormi alberi cespugliosi, con tanti uccellini nascosti, e pitone in legno. I rametti servono da spazzolino da denti.


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 Il paesaggio, però, tutto sommato, non è un granché. Il ritorno è tutto in zona polverosa con alture irregolari e scoscese. Non mi è piaciuto niente, tranne il fatto che era proprio desertica.



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Arrivo al camping, distribuzione bungalow, passeggiata al villaggio vicino a caccia di foto e poi alla birreria piena di infedeli. Ritorno in pick-up scoperto. Cena di fine d’anno al ristorante, addobbato per noi con alberelli e candeline, stelline e danze.



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 1/1/1985 Martedì

 
Si parte; zaini, panini; regalati i viveri rimasti aspettiamo il bus. Si scoppia dal caldo con questi scarponi.

E alle 2 arriva il bus, arriva la Toyota, arriva il pick-up e ci portano all’aeroporto. Ma che ci portano a fare? Nel caos indescrivibile (gente, zaini, pacchi, valigie) comincia a farsi strada un amaro sospetto: oggi non si parte. Come mai? E chi ci capisce niente? E’ colpa di quello dell’agenzia, che fino a questa mattina non ha provveduto a confermare i voli. Pare. Pare anche, però, che intrallazzando si potrebbe ottenere i posti. Pic pare che stia tentando di intrallazzare, ma o non è capace o il problema è un altro. Nervosismo a fior di pelle. Pare che qualcuno possa partire oggi, questa notte, ma solo qualcuno. E già, allora chi? Come ci si regola? Qualcuno ha problemi di lavoro. Alla fine, verso le 18 passate si deve tornare in campeggio, ci torniamo un po’ in pullman, un po’ in auto, un po’ resta a far la guardia ai bagagli. Ma al campeggio non ci sono più bungalow, Doro arriva dopo più di un’ora, quando ormai è buio pesto. Fa un freddo cane. Nessuno ha voglia di mettersi a montare la tenda: siamo troppo scaricati psicologicamente. Qualcuno va a vedere se c’è posto all’Hotel Tahat. C’è, ci andiamo, per fortuna compare Moktar a portarci i bagagli. Ceniamo anche.



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C’è puzza di antiscarafaggi, dentro è un labirinto, con qualche obelisco all’incrocio dei corridoi, vetri enormi che arrivano sino a terra e qualcuno anche spalancato. La luce non c’è, arriverà più tardi, l’acqua c’è ma la tolgono subito. Domattina sveglia e colazione alle 6: ci portano all’aeroporto alle 7.



continua ...........