Corsica in kayak - 2

29-03-2008


Ci fermammo subito dopo: in un campeggio che si affacciava sulla baia sapevamo che c’era una sorgente di acqua potabile. Dovevamo far rifornimento, in modo da essere autonomi almeno per un paio di giorni, anche se prevedevamo di trascorrere la notte sulla spiaggia dell'Argentella, dove c'era un villaggio. Se tutto andava come da programma, non ci sarebbero stati problemi, ma siccome non sapevamo quanta strada saremmo riusciti a fare, era meglio portare la nostra autonomia al massimo, tenuto conto anche delle nostre limitate possibilità di carico. Non si poteva mai sapere!


Rifornimento d'acqua



Primi approcci



Il gioco si fa duro!

 E infatti la prima sorpresa fu di lì a poco, non appena doppiammo la punta della Revellata. Superato il braccio di mare tra l’estremità della punta e l’isola antistante, apparve ai nostri occhi uno spettacolo pauroso: il mare blu inchiostro con le ochette bianche, che ci facevano capire che il vento la faceva da padrone. Del resto un po’ ce l’aspettavamo!

Ci guardammo, interdetti. Che fare? Le alternative erano soltanto due: o tornare indietro e, in attesa di un tempo migliore, ridimensionare il nostro programma, oppure rischiare e tentare di affrontare il mare e il vento, che soffiava proprio in direzione contraria alla nostra rotta.

Scegliemmo la seconda.

Eravamo ben consci che non dovevamo farci assolutamente rovesciare, poiché per fare posto al carico avevamo dovuto rinunciare ai sacchi di galleggiamento posteriori, per cui, in caso di rovesciamento, avremmo rischiato di perdere la canoa. Sì, è vero, in quel caso avremmo fatto l’eskimo, evitando così di uscire dalla canoa capovolta, ma quando il mare ti rovescia una volta, riuscirà molto più facilmente a rovesciarti una seconda, e una terza, fino a quando non ce la farai più a fare l’eskimo. Il mare non si stanca mai, tu sì! E’ una regola. E quindi bisognava assolutamente evitare il capovolgimento.

Ci accordammo, quindi: massima concentrazione, viaggiare molto vicini, l’uno dietro l’altro in modo da ripararci un poco dal vento, sotto costa ma lontano dai frangenti, darsi frequentemente il cambio a condurre, ed essere pronti ad aiutare l’altro in caso di difficoltà. E, al primo capovolgimento, rinuncia obbligatoria.

E così partimmo: a testa bassa, cercando di offrire la minor resistenza possibile al vento, respirando a fatica tra uno spruzzo e l’altro, attenti a non farci strappare la pagaia dalle mani da qualche raffica più violenta e soprattutto a non farci sorprendere da qualche onda..... anomala! E nessuna foto, ovviamente.

Fu dura, avanzavamo lentamente, ma più andavamo avanti e più prendevamo fiducia. Nei cambi, ricordo, ci guardavamo di sottecchi e senza parlare ci dicevamo: "Dai, che ce la facciamo!"



L'eden


 E così, arranca arranca, sfruttando i numerosi isolotti per riprender fiato, raggiungemmo una baia riparata, con una spiaggia sassosa, deserta. Ci parve l’Eden.

Che bello, sdraiarsi sulle rocce calde, respirare finalmente a pieni polmoni (e anche una sigaretta, per me!), rilassarsi sotto al sole e sentirne il calore, intirizziti come eravamo!

Non ci saremmo più mossi di lì!





.................... continua ................